Descrizione
F. P. Tocco, Niccolò Acciaiuoli. Vita e politica in Italia alla metà del XIV secolo
Indice Sommario Presentazione L’autore
Indice Sommario | |
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Introduzione | |
I. La tradizione storiografica | VII |
II. Fonti documentarie | XVIII |
Ringraziamenti | XXIV |
Abbreviazioni più frequenti | XXV |
Parte I – L’ascesa | 1 |
I- «non inservire mercature, sed maiora regere ac gubernare cupiebat» |
3 |
I.1 «ho buona e bella e fidata compagnia» | 3 |
I.2 Gli Acciaiuoli e Firenze | 5 |
I.3 Gli Acciaiuoli e Napoli | 11 |
I.4 Il giovane Niccolò | 17 |
I.5 «Sotto le lenzuola» di Caterina? | 23 |
I.6 «Il quore mi giudica gran cose». L’ascesa feudale | 27 |
I.7 Rapporti familiari | 33 |
I.8 La fama: «…quella che trae l’uom del sepolcro e ‘n vita il serba» | 37 |
II – Anni di crisi. 1341-1348 | 41 |
II.1 La campagna in Morea | 41 |
II.2 Difficoltà economiche e politiche | 45 |
II.3 Nasce la certosa | 51 |
II.4 La tirannia di Gualtieri di Brienne: «savio e perfetto amicho dov’egli ama» | 54 |
II.5 La fine della «Societas Acciaiuolorum» | 60 |
II.6 L’assassinio di Andrea d’Ungheria | 69 |
II.7 Nuove prospettive per Niccolò | 75 |
II.8 Fuga e salvezza | 80 |
III – Il consolidamento del potere | 89 |
III.1 Il rientro a Napoli | 89 |
III.2 «Utere igitur, quoniam sic fortuna vult, privatis fidelissimi tui facultatibus» | 96 |
III.3 La riconquista dei diritti civili degli Acciaiuoli e dei loro ex soci a Firenze | 106 |
III.4 «Mellio vale dare e penitere che tenere e penitere». La vendita di Prato | 108 |
III.5 L’inutile privazione di Prato | 114 |
III.6 Ancora incomprensioni con Firenze | 117 |
III.7 L’incoronazione | 122 |
III.8 «Et vere per Magni Senescalli curam coronacio regis processit» | 129 |
Parte II – Lo Statista | 136 |
IV – Il condottiero | 137 |
IV.1 «gagliardo duca» o «paciale» | 137 |
IV.2 La riconquista della Sicilia | 140 |
IV.3 La spedizione in crisi | 149 |
IV.4 «Nicolaus a rege subinde revocatus in Italiam transiit» | 156 |
IV.5 «Li Napolitani desiderano assai la concordia» | 162 |
IV.6 La ripresa della campagna siciliana: la “conquista” di Messina | 171 |
IV.7 Fine dei sogni di gloria: Aci | 183 |
V – Il diplomatico | 195 |
V.1 L’accordo con i Chiaromonte | 195 |
V.2 Tra mercenari e imperatori | 200 |
V.3 L’«artifex» | 208 |
V.4 Il successo nelle trattative | 216 |
V.5 «Multi honori et beneficii ho receputo in questa corte de Roma» | 222 |
VI – Il Signore | |
VI.1 Il rapporto con i beni immobiliari | 233 |
VI.2 Le terre di Grecia | 237 |
VI.3 Rafforzamento ed espansione nel Peloponneso | 241 |
VI.4 L’abbozzo di un piccolo Stato. L’nventario del 1365 | 245 |
VI.5 «Si eo fussi tanto ricco di sustanzie quanto sono d’invidie» | 248 |
VI.6 Terre e feudi nel Regnum Sicilie | 252 |
VI.7 L’esercizio del potere | 257 |
VI.8 Terre e potere in Sicilia | 262 |
VI.9 Gli Acciaiuoli e l’amministrazione di Messina | 268 |
VI.10 Il governo personale di Niccolò Acciaiuoli a Messina e il rafforzamento del suo potere a Napoli dopo la morte di Luigi di Taranto | 273 |
Parte III – L’uomo | 281 |
VII – La dimensione familiare | 283 |
VII.1 Le sorelle | 283 |
VII.2 Jacopo e Angelo | 286 |
VII.3 La moglie e i figli | 292 |
VII.4 Altri parenti | 297 |
VII.5 Zanobi da Strada | 302 |
VII.6 Un amico particolare: Piero Guicciardini | 308 |
VII.7 Altri amici e parenti | 313 |
VII.8 Problemi con Altoviti e Rucellai | 319 |
VIII – La dimensione culturale | 325 |
VIII.1 Firenze, la patria, tra idealizzazione e realtà | 325 |
VIII.2 Ostilità politica | 328 |
VIII.3 Ostilità economica | 335 |
VIII.4 Il tentato colpo di stato del dicembre 1360 | 341 |
VIII.5 La patria adottiva | 345 |
VIII.6 L’ordre de la Chevalerie du Saint-Esprit au Droit Desir | 352 |
VIII.7 La cultura | 356 |
IX – La dimensione spirituale | 367 |
IX.1 Le concezioni religiose | 367 |
IX.2 Luoghi di culto legati ai Santi di famiglia | 371 |
IX.3 «per spem quarum executionum ipse [….] ordinatius facit cursum suum cum securiori et tranquilliori quiete» | 378 |
IX.4 La certosa come metafora della «onesta et catolica quiete de animo et de corpo» | 381 |
IX.5 Un paradiso terrestre: il giardino della certosa | 392 |
IX.6 Il palazzo e la scuola della certosa | 397 |
CONCLUSIONI | 403 |
BIBLIOGRAFIA | 409 |
INDICI | 431 |
Presentazione
Questa biografia si propone di dare adeguato risalto storiografico ad un personaggio che, nonostante abbia rivestito un indubbio ruolo di protagonista delle vicende politiche italiane e mediterranee di metà Trecento è stato trascurato dalla tradizione storiografica o, perlomeno, assoggettato ad alcuni stereotipi che non fanno giustizia della sua complessità umana, sociale e politica, emblematicamente riassunta dal suo smodato desiderio di trasferirsi dall’élite di provenienza, quella dei grandi banchieri fiorentini, all’élite della feudalità angioina del Regnum, divenendo, di fatto, tra ostilità ed invidie, l’artefice della politica napoletana tra il 1348 ed il 1365, anno della sua morte.
È proprio a tale ibrida complessità, all’aver operato in un contesto incerto ed ambiguo quale il regno angioino di Giovanna I e all’aver perseguito obiettivi politici destinati all’insuccesso sul lungo periodo che bisogna ascrivere la superficialità o almeno la rigidità d’indagine della storiografia interessatasi ad Acciaiuoli, visto sempre come appendice, magari prestigiosa, dei sovrani angioini o come fulgido modello di intraprendenza per certo umanesimo antimediceo fiorentino, mai nella sua ricchezza di uomo d’intersezione tra due realtà per molti versi distanti.
Il lavoro di ricerca è stato realizzato impiegando molteplici tipologie di fonti, da quelle d’archivio edite ed inedite – soprattutto dell’Archivio di Stato di Firenze, ma anche di quelli di Pisa, Napoli e Palermo e dell’archivio privato Ricasoli Firidolfi – a quelle cronachistiche a quelle più propriamente letterarie – Petrarca e Boccaccio in primo luogo – e sfruttando ampiamente il ricchissimo ed umanissimo epistolario di Niccolò, conservato alla biblioteca Laurenziana e non del tutto edito.
Il libro è articolato in tre sezioni che, partendo dall’ascesa ai vertici dell’aristocrazia feudale angioina di questo rampollo dell’élite economico-politica fiorentina e passando per le forme concrete e peculiari dell’esercizio del potere conseguito, giungono a cogliere aspetti e momenti della più intensa quotidianità e della più profonda personalità di un ben definito uomo del Trecento.
Nella prima sezione, intitolata appunto l’ascesa si mette in luce la ferma determinazione del giovane Acciaiuoli, amministratore dei beni e tutore dei figli di Caterina di Valois-Courtenay, vedova del principe Filippo di Taranto, ad intraprendere uno stile di vita aristocratico, nonostante il dissenso e l’apprensione del padre e l’incomprensione di amici e concittadini. La scelta di Niccolò si dimostrerà fortunata, consentendogli, unico fra gli Acciaiuoli ed i loro soci, di passare indenne attraverso il crollo del banco di famiglia ed inducendolo a giocare tutte le sue carte sull’acquisizione di un peso sempre maggiore presso la corte napoletana. Ciò lo allontanerà sempre più da una Firenze in cui il ruolo della sua famiglia, fino a quegli anni di primo piano, risulta fortemente diminuito a causa del crollo economico e dei rivolgimenti politico-istituzionali seguiti ad esso. La decisione vincente del fiorentino si rivelerà quella di sostenere Luigi di Taranto, il secondogenito di Caterina, spingendolo alle nozze con Giovanna, da poco vedova di Andrea d’Ungheria, ucciso giovanissimo in una congiura di palazzo, e aiutando, praticamente da solo, i due sovrani a sfuggire all’invasione del Meridione d’Italia di Luigi il Grande d’Ungheria, venuto a vendicare il fratello. La prima parte si conclude con l’incoronazione di Giovanna e Luigi nel maggio del 1352 che spiana definitivamente a Niccolò la via del successo, rafforzata dalla concessione di numerosi e prestigiosi feudi.
Nella seconda sezione, intitolata lo Statista, si analizzano gli aspetti del potere di Niccolò Acciaiuoli, partendo dalla sua massima, e sostanzialmente frustrata, ambizione di consolidare il proprio status militare con qualche prestigiosa vittoria, sempre inseguita, sfiorata con la riconquista di gran parte della Sicilia ormai separata dal Mezzogiorno dai tempi del Vespro, ma mai veramente conseguita.
Molto più abile fu Acciaiuoli nel gioco diplomatico che lo vide impegnarsi su tutti gli scacchieri della politica del tempo, dai rapporti col papato, agli accordi con l’Imperatore Carlo di Boemia, al gioco d’equilibrio delle trattative con i Chiaromonte per aprire le porte alla riconquista angioina della Sicilia, all’estenuante rincorsa dei mercenari delle compagnie di ventura che devastavano il regno. Per ciascuno di questi ambiti vengono pienamente tracciate le direttrici ideologiche e di riferimento pratico che animarono il fiorentino e le modalità dell’attività diplomatica.
La parte finale di questa sezione analizza la distribuzione delle terre di Acciaiuoli tra Regnum, Grecia e Sicilia, frutto di un ben preciso progetto di rafforzamento personale e della propria famiglia – in maniera particolare con il tentativo di insediare stabilmente il figlio Angelo a Messina facendogli attribuire il titolo di Conte di Malta – e di una raffinata consapevolezza delle direttrici geopolitiche del regno angioino, certamente molto al disopra di quella dei suoi oscillanti sovrani, consolidata dalla creazione di una rete di alleanze con la principale feudalità angioina.
Nella terza sezione l’approfondimento punta ad analizzare l’uomo Acciaiuoli, e a scendere negli anfratti più reconditi della sua personalità, come piuttosto raramente può avvenire per un uomo del Medioevo. In primo luogo si analizza il rapporto di Niccolò con parenti ed amici, cercando di appurare il suo specifico modo di vivere la dimensione familiare. Si passa quindi ad analizzare il rapporto tra Acciaiuoli e Firenze, sostanzialmente strutturato attorno ad una incomunicabilità di base, rafforzata dalle molte vicende contingenti che politicamente allontanavano sempre più Firenze da Napoli, ma determinata da quella eterogeneità di valori che aveva già messo in apprensione il padre di Niccolò. Al tempo stesso si mostra l’idealizzazione del contesto napoletano che diventa punto di riferimento assoluto per l’immaginario del fiorentino, soprattutto per quanto riguarda la cultura cavalleresca. Si evidenzia inoltre l’estrema peculiarità della formazione culturale di Acciaiuoli in cui su un sostrato mercantesco si innestavano velleità protoumanistiche finendo col produrre risultati originali che però si scostano molto dalla direzione elitaria che sarà la caratteristica specifica dell’Umanesimo e soprattutto di quello fiorentino.
Infine si è tentato di sceverare la dimensione religiosa, non solo dal punto di vista delle pratiche e dell’ufficialità esteriore, ma anche per quanto riguarda le convinzioni spirituali più profonde, riassunte, le une e le altre, in quel monumento che Acciaiuoli iniziò a far costruire nei pressi di Firenze sin dagli anni della sua gioventù e che resta ancor oggi a testimoniarne l’eccezionalità e l’originalità: la certosa del Galluzzo.
L’autore
Francesco Paolo Tocco (Palermo 29/7/1964) si è laureato nel 1990 in Lettere Classiche all’Università di Palermo discutendo una tesi di Storia Contemporanea. Occupatosi di Modernismo, ha successivamente superato nel 1993 l’esame d’ammissione al Dottorato in Storia Medievale dell’Università di Palermo, conseguendo il titolo di Dottore di Ricerca in Storia Medievale nel 1996 con una tesi su Niccolò Acciaiuoli.
Dal 1998 al 2000, ottenuta dall’Università di Palermo una Borsa di Post-Dottorato, ha avviato una ricerca su «I Maestri Razionali del Regno di Sicilia sotto Alfonso d’Aragona». Nel contempo si è occupato dell’immissione dei dati e della creazione di schede sui santuari della Diocesi – e più in particolare della città – di Palermo nell’ambito del data base «Censimento dei Santuari Italiani» dell’Ecole Française de Rome.
Dal novembre 2000 si occupa di «Poteri autonomi ed enti ecclesiastici in Sicilia nei secc. XIV-XV» in quanto assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di Studi Storici e Artistici dell’Università di Palermo.